di Francesco Stocco, Cabina di Regia Cantieri ViceVersa – Partner Alma LED.
Gli articoli 77 e 81 del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (“Codice del Terzo Settore”, CTS) introducono due strumenti di finanza sociale finalizzati a favorire la raccolta di capitali privati a sostegno delle attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo Settore (ETS): i titoli di solidarietà e il social bonus. Pur accomunati dall’obiettivo di promuovere la partecipazione del risparmio privato al finanziamento dell’economia civile, essi presentano differenze sostanziali sul piano operativo e fiscale: i primi sono strumenti emessi da banche per il funding di linee di credito dedicate al terzo settore, mentre i secondi sono benefici fiscali per gli investimenti in progetti (tipicamente di real estate) promossi da ETS. In questo articolo proponiamo un primo approfondimento, in vista dell’evento Cantieri ViceVersa del 10 novembre p.v. in cui si affronterà il tema da punti di vista differenti.
I Titoli di Solidarietà (art. 77 CTS)
L’art. 77 disciplina l’emissione, da parte di banche autorizzate in Italia, di obbligazioni, altri titoli di debito e certificati di deposito destinati a finanziare le attività di interesse generale di cui all’art. 5 CTS. Le somme raccolte devono essere interamente destinate a impieghi a favore di ETS, al netto delle eventuali liberalità, che non possono essere inferiori allo 0,6% dell’ammontare nominale collocato.
Le emissioni devono avere durata minima di trentasei mesi per i titoli di debito e di dodici mesi per i certificati di deposito, senza facoltà di rimborso anticipato né subordinazione. Il legislatore ha previsto agevolazioni fiscali per emittenti e sottoscrittori:
– applicazione dell’imposta sostitutiva del 12,5% sugli interessi;
– esenzione dall’imposta di bollo sui depositi titoli;
– credito d’imposta del 50% per la banca emittente sulle liberalità concesse agli ETS.
Nonostante la coerenza sistematica dell’istituto con gli obiettivi di “finanza d’impatto”, la sua attuazione risulta ancora sospesa. L’operatività effettiva è subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell’art. 101, comma 10 CTS. A oggi, pertanto, non risultano emissioni registrate né dati ufficiali su volumi o sottoscrizioni.
Ulteriormente, non può sottacersi un rischio di green washing per l’assenza di rendicontazione sullo stato dei progetti e un disallineamento con la normativa sui green bond europei che copre aree simili.
Il Social Bonus (art. 81 CTS)
Il social bonus costituisce un meccanismo di credito d’imposta volto a incentivare le erogazioni liberali in denaro destinate agli ETS che realizzano interventi di recupero di immobili pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
Il beneficio fiscale è riconosciuto nella misura del 65% per le persone fisiche e del 50% per enti e società, nei limiti del 15% o del 5 per mille del reddito imponibile, con utilizzo in compensazione o in dichiarazione dei redditi in tre quote annuali di pari importo.
Possono accedere alla misura gli ETS in possesso della qualifica al momento della domanda, i cui progetti siano approvati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il decreto direttoriale n. 190 del 4 settembre 2024 ha ammesso i primi cinque progetti pilota, avviando di fatto l’operatività dello strumento, pur in assenza di dati consolidati sulle erogazioni complessive. Altri sei progetti sono stati approvati nel corso della seconda parte del 2024 e del 2025.
Si tratta, quindi, di uno strumento che non ha avuto la diffusione sperata, anche nel confronto con altre agevolazioni fiscali simili, quali – ad esempio – le incentivazioni per le start-up innovative che, secondo la nostra lettura, possono applicarsi anche alle imprese culturali e creative.
Analisi comparata e riflessioni sistematiche
Entrambi gli istituti mirano a canalizzare risorse private verso finalità sociali, integrando la finanza tradizionale con logiche di impatto. Tuttavia, il loro grado di maturità normativa e applicativa è differente:
– il social bonus è operativo e rappresenta una forma di partenariato pubblico-privato a contenuto fiscale, già sperimentato in ambito di rigenerazione urbana e riuso di beni confiscati;
– i titoli di solidarietà, invece, rimangono una potenzialità inattuata, la cui efficacia dipenderà dall’adozione dei provvedimenti secondari e dall’interesse del sistema bancario e da un maggior coordinamento con il framework normativo dei titoli di debito sostenibili e di impact investing.
Sul piano economico, il social bonus incentiva il mecenatismo civile attraverso un beneficio fiscale diretto e immediato; i titoli di solidarietà, invece, presuppongono una logica di investimento a reddito, con rendimenti agevolati e destinazione vincolata a impieghi sociali.
Entrambi contribuiscono alla costruzione di un modello di finanza sociale integrata, coerente con i principi di sussidiarietà orizzontale (art. 118 Cost.) e con gli obiettivi di sostenibilità del PNRR e dell’Agenda 2030. Tuttavia, la concreta efficacia di tali strumenti resta subordinata alla capacità degli ETS di presentare progetti sostenibili e delle istituzioni di garantire certezza normativa e stabilità fiscale.
Conclusioni e percorsi di lavoro
Il Codice del Terzo Settore ha introdotto, con gli artt. 77 e 81, due strumenti nell’intenzione del legislatore innovativi di partenariato finanziario tra pubblico, privato e non profit. A oggi, solo il social bonus ha trovato applicazione, seppur in fase sperimentale, mentre i titoli di solidarietà attendono di essere attivati.
Viene da chiedersi se l’evoluzione del mercato della finanza di impatto non richieda una profonda rivisitazione di questi due strumenti ormai pensati nel 2017.
In particolare, sarebbe opportuno rivedere i titoli di solidarietà nel contesto del loro pieno allineamento alla Tassonomia Europea e alla normativa in materia di titoli verdi (EuGB), in modo da dare un incentivo agli intermediari finanziari all’offerta di questo tipo di obbligazioni anche nell’ottica di miglioramento dei propri coefficienti di sostenibilità (BTAR). Andrebbe poi presidiata, maggiormente, la destinazione dei proventi dell’emissione obbligazionaria ai progetti di impatto e alla loro capacità di produrre addizionalità (non limitandosi al profilo del soggetto beneficiario).
Con riferimento ai social bonus, la riflessione dovrebbe concentrarsi su come questi strumenti possono competere con la nuova figura delle imprese culturali creative. Se, come esposto in precedenza, queste imprese beneficiano delle agevolazioni proprie delle start-up innovative (con un range di credito d’imposta compreso tra il 30 e il 65%) si comprende bene come l’attrattività di tale bonus sia alquanto ridotta: in un’ottica di blended finance, l’investitore preferisce investire in un’impresa culturale e creativa così da ricevere un credito d’imposta analogo o superiore e sperare in un’eventuale distribuzione di utili esercitando, in ogni caso, un controllo sulla governance. In questa prospettiva, il social bonus potrebbe essere ripensato come estensione oltre l’ambito culturale e creativo delle imprese ed essere applicabile, con le stesse logiche ad oggi esistenti, alle imprese sociali.
Francesco Stocco
Finanza sostenibile e Terzo Settore al centro di “Cantieri ViceVersa 2025”
𝐒𝐈𝐀 𝟐𝟎𝟑𝟎 è il 𝐛𝐥𝐨𝐠 di Social Impact Agenda per l’Italia sulla 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐈𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐒𝐃𝐆𝐬.
Pensieri, analisi e proposte per una nuova finanza a beneficio delle persone, delle comunità e del pianeta.
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