Agenda 2030, “Per far sì che la finanza a impatto non sia più considerata una piccola parte del panorama finanziario globale occorre un impegno da parte di tutti: investitori, istituzioni finanziarie, governi e società civile”.<br />
Prof. Enrico Giovannini

Intervista a Enrico Giovanni, Direttore scientifico ASviS (di Chiara Buongiovanni, SIA)

Non sembrano esserci prospettive troppo rosee per l’Agenda 2030 e i suoi target, sulla base della recentissima analisi dello stato dell’arte e degli scenari delineati nel Rapporto di PrimaveraScenari per l’Italia al 2030 e al 2050. Le scelte da compiere ora per uno sviluppo sostenibile, presentato in apertura del Festival dello Sviluppo sostenibile 2024. Profondi ritardi, se non arretramenti preoccupanti e una generale intempestività nelle azioni e nelle contromisure da adottare, sono lo scotto che ci troviamo a pagare per non aver fatto seguire, come sistema nazionale e internazionale, alle pur lodevoli dichiarazioni politiche un approccio di azione integrato e sufficientemente coraggioso. Tuttavia, ci dice Enrico Giovannini in questa intervista, il tempo per agire è il presente e da qui dobbiamo partire, guardando sì al futuro ma con la responsabilità dell’urgenza e la consapevolezza delle conseguenze della nostra inazione.

Tra dati e prospettive di lavoro, il professor Giovannini condivide in questa intervista direzioni possibili per la finanza a impatto, e non solo, per invertire la rotta e avanzare sui diciassette Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

In sintesi, la finanza a impatto è necessaria e deve uscire dalla nicchia dei “pochi” investitori illuminati. Per farlo serve l’impegno di tutti gli attori del settore: investitori, istituzioni finanziarie, governi e società civile. La parola chiave è integrazione di politiche, intenti e soluzioni. Il quadro è quello dell’epocale transizione che viviamo, che, dice Giovannini, “o sarà equa o non sarà”.

 

Professor Giovannini, siamo nel 2024. Fuor di retorica, come sta l'Agenda 2030?

Il percorso che porta allo sviluppo sostenibile appare incerto, segnato da una regressione anziché da progressi, soprattutto dopo la pandemia. Tale tendenza coinvolge sia i Paesi avanzati che quelli in via di sviluppo. Secondo l’ONU, solo il 12% dei Target dell’Agenda 2030 mostra progressi significativi, mentre oltre il 50% è moderatamente o gravemente in ritardo rispetto agli obiettivi. Inoltre, dal 2015 circa il 30% non ha registrato alcun progresso o è peggiorato. Se continuiamo così, nel 2030, oltre mezzo miliardo di persone vivranno ancora in povertà estrema, molti milioni di bambini non avranno accesso all’istruzione e almeno 660 milioni di individui saranno ancora privi di elettricità. Nel frattempo, le emissioni di gas serra e i danni climatici continuano a crescere, mentre la deforestazione minaccia la sopravvivenza di numerose specie.
Tuttavia, l’Agenda 2030 ha stimolato un impegno senza precedenti per la ricerca di soluzioni innovative in grado di affrontare e vincere queste sfide. La ricerca sull’energia rinnovabile, sull’economia circolare e sul miglioramento dell’agricoltura sostenibile, insieme agli sforzi per ridurre l’inquinamento e migliorare la vita attraverso la digitalizzazione, dimostrano un impegno senza precedenti verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Questo sforzo è stato sostenuto anche dal settore privato, che ha riconosciuto come “l’insostenibilità” possa minare le opportunità di business. Grazie alla digitalizzazione, si intravedono possibilità di progresso mai viste prima. La ricerca scientifica, tecnologica, economica e sociale si sta unendo per affrontare le sfide degli SDGs, con un crescente coinvolgimento delle nuove generazioni di ricercatori. Ma la mancanza di integrazione tra le discipline e la predominanza della specializzazione continuano a limitare il potenziale di questo impegno.

Ha preso il via, a maggio, il Festival dello Sviluppo Sostenibile 2024, che da anni anima il dibattito nel Paese sui temi della sostenibilità. Cosa sottolineerebbe in questa edizione?

Da otto anni l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) apporta un contributo fondamentale alla diffusione della cultura della sostenibilità attraverso la promozione di conoscenze basate su evidenze scientifiche e il Festival è il periodo in cui il dibattito si svolge in modalità particolarmente intense e partecipate. La manifestazione, riconosciuta da UN SDG action campaign, come un’iniziativa innovativa e un’esperienza unica a livello internazionale, quest’anno è dedicata alla possibilità di guardare al futuro con la speranza di cambiare il presente.
Come negli anni precedenti, il Festival si svolge nell’arco di diciassette giorni, tanti quanti sono gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. I trenta eventi della manifestazione realizzati a cura dell’ASviS e dei suoi Gruppi di Lavoro, in corso dal 7 al 23 maggio, si svolgono sul territorio nazionale in sei città: Ivrea, Torino Bologna, Milano, Palermo e Roma dove, al Palazzo delle Esposizioni, si trova la “casa” della sostenibilità. Al cartellone generale, sono iscritti, poi, più di mille eventi promossi dalla società civile in Italia e nel mondo per tutto il mese di maggio. Tra le novità il podcast “L’elefante nella stanza – 10 notizie dal futuro dell’Africa” realizzato da Rai Radio, ASviS e Amref Italia, i concerti dell’Heroes Festival organizzati nelle sei città dove fa tappa il Festival e la campagna “Guardiamo al futuro” che invita alla consapevolezza e all’azione. Mi piace poi ricordare che l’ASviS ogni anno assegna un premio sulla “Giusta transizione”, rivolto a soggetti che hanno contribuito alla transizione ecologica con attenzione agli aspetti sociali. Quest’anno il premio è stato assegnato in un evento del Festival dello sviluppo sostenibile.

Parlando di "giusta transizione", lei crede che i meccanismi messi in campo per mitigare gli impatti negativi della transizione nel breve-medio termine sui territori e i soggetti più fragili siano efficaci?

Per accelerare la transizione ecologica bisogna consolidare la rivoluzione culturale, oggi solo agli inizi, puntando a rendere dominante e desiderabile lo sviluppo sostenibile, senza lasciare indietro nessuno, come indica l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Sul tema l’ASviS raccomanda da tempo che gli impegni stabiliti ai tavoli internazionali sul contrasto ai cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità fungano da guida per le politiche nazionali, orientando a tal fine gli interventi di trasformazione del sistema produttivo nel perseguimento del benessere sociale e nell’interesse delle future generazioni. Servono poi azioni mirate sui territori: le amministrazioni locali devono programmare come raggiungere i target dell’Agenda 2030 nei loro ambiti di competenza. L’ASviS collabora con Regioni e Comuni per favorire questo lavoro. La transizione verso la neutralità climatica entro il 2050 deve essere equa, altrimenti non ci sarà alcuna transizione.
Il tema delle diseguaglianze e della riduzione e prevenzione della povertà, per esempio, va affrontato comprendendo le trasversalità tra le diverse politiche nel quadro ampio di riforma dell’esistente sistema di welfare. Anche le politiche giovanili devono stimolare l’integrazione sociale e la partecipazione dei giovani nel dibattito su questi temi. Occorre poi fornire le giuste competenze a chi si appresta a costruire il proprio futuro, anche per beneficiare di una vita e di un lavoro dignitoso.
Sugli aspetti relativi alla salute, raccomandiamo che la prevenzione ritrovi il suo ruolo centrale nel sistema sanitario, mentre sull’educazione va data priorità alla definizione di un piano per integrare l’educazione alla transizione ecologica e allo sviluppo sostenibile nelle scuole di ogni livello e grado, e nei centri di educazione degli adulti.

Se parliamo di finanza, considerando il delta consistente di investimenti necessari, crede che lafinanza a impatto (cd impact investing) possa essere la strada da percorrere in modo esteso?

L’investimento responsabile e sostenibile offre uno strumento indispensabile per generare un cambiamento positivo, mentre si ottengono rendimenti finanziari. Attraverso una combinazione di trasparenza, integrazione dell’analisi ESG, allocazione verso settori sostenibili, promozione dell’innovazione finanziaria, coinvolgimento attivo con le aziende, sviluppo di standard e metriche comuni e formazione degli investitori, è possibile massimizzare il potenziale della finanza a impatto e contribuire a costruire un futuro più sostenibile per tutti.
Il dibattito sulla finanza a impatto si sta facendo sempre più acceso negli ultimi anni, poiché si cerca di trovare soluzioni finanziarie che possano affrontare congiuntamente le dimensioni ambientali e sociali dello sviluppo. Per far sì che la finanza a impatto non sia più considerata una piccola parte del panorama finanziario globale abbiamo bisogno di standardizzarne i processi, di misurare in modo convincente i suoi effetti, valutare la trasparenza e la scalabilità degli investimenti. Per far questo occorre un impegno da parte di tutti gli attori del settore: investitori, istituzioni finanziarie, governi e società civile. La creazione di strumenti finanziari innovativi, la standardizzazione delle pratiche di misurazione dell’impatto e l’educazione degli investitori sono solo alcune delle azioni necessarie per favorire la crescita e l’adozione diffusa della finanza a impatto. Sono convinto che, dato l’interesse crescente e l’urgenza di affrontare le diverse crisi esistenti e future, la finanza a impatto possa crescere e diventare una componente fondamentale del panorama finanziario globale.

Se in questa congiuntura dalle mille sfide, dovesse scrivere la chiusura del Comunicato finale del G7 a presidenza italiana in corso, quale sarebbe la sua frase?

L’ASviS nel corso degli ultimi mesi ha invitato il Governo italiano a svolgere un ruolo forte nelle negoziazioni in corso e in quelle future nella direzione indicata dal segretario generale dell’Onu, António Guterres. Le questioni climatiche ed energetiche saranno “cruciali” nell’agenda del G7: per questo, ci uniamo alle voci degli osservatori internazionali che auspicano che il G7 esprima un chiaro impegno ad aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili e ad accelerare l’uscita dai combustibili fossili. Riteniamo inoltre che il Parlamento e l’opinione pubblica italiana debbano porre maggiore attenzione a queste tematiche, consentendo al Governo di assumere posizioni autorevoli e il più possibile condivise, visto che le decisioni che verranno assunte in sede COP, G7 e ONU incideranno sul futuro della governance internazionale per gli anni a venire.
Più che una frase conclusiva, le dico ciò a cui il documento finale dovrebbe far riferimento, cioè a quel “non lasciare nessuno indietro” che è alla base di tutta l’architettura dell’Agenda 2030.

Prof. Enrico Giovannini

Enrico Giovannini è professore ordinario di Statistica economica e Sviluppo sostenibile all’Università di Roma “Tor Vergata” e membro del Comitato Scientifico di Social Impact Agenda per l’Italia.

È stato ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili del Governo Draghi (febbraio 2021 – ottobre 2022) e del Lavoro e delle Politiche sociali del Governo Letta (aprile 2013 – febbraio 2014).

È co-fondatore e direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), una rete di oltre 300 soggetti della società civile creata per attuare in Italia l’Agenda 2030 dell’Onu.

È stato a capo della direzione statistica e Chief statistician dell’Ocse (2001 – 2009) e presidente dell’Istat (2009 – 2013).

Nell’ottobre del 2014 è stato nominato “Cavaliere di Gran croce al Merito della Repubblica” e nel gennaio del 2023 ha ricevuto il dottorato di ricerca ad honorem in “Sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici”.

È autore di oltre 130 articoli pubblicati su riviste nazionali e internazionali e di sei libri su temi statistici ed economici.

𝐒𝐈𝐀 𝟐𝟎𝟑𝟎 è il 𝐛𝐥𝐨𝐠 di Social Impact Agenda per l’Italia sulla 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐈𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐒𝐃𝐆𝐬.

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