“Fatta l’Europa, bisogna fare gli Europei!”

Sembra un’affermazione storicamente superata: oggi se guardiamo a cosa significa essere Europa nella finanza, nella ricerca, nell’istruzione, nel welfare, vediamo che “Europa” non è il passato ma una sfida da agire oggi con rinnovata interpretazione, nuovi strumenti e direi anche nuovo coraggio.

I dati sul progresso conseguito in Europa verso gli SDG negli ultimi cinque anni lasciano comprendere che c’è molto da fare su povertà, cambiamento climatico e risorse naturali, istruzione e addirittura, come ben sappiamo, su democrazia e pace.

Inoltre, i dati dell’European Innovation Scoreboard mostrano quanto l’innovazione stessa, latu sensu, abbia bisogno di una forte accelerazione, oltre che evidenziare quanto essa sia non omogenea tra i diversi paesi europei, tra cui l’Italia appare come moderate innovator.

Europe first, dalla transizione alla trasformazione 

 Siamo quindi, secondo me, di fronte ad una fase storica che ci impone nuove domande o forse solo nuova formulazione delle stesse domande sulle quali anche le politiche della just transition si sono concentrate. 

Astraendo e sintetizzando, la domanda che forse potrebbe stimolare qualche riflessione è: si tratta di transition o di transformation?

Il termine Transition ha assunto come significato e focus di azione prevalente il miglioramento, il coordinamento, il funzionamento e la regolamentazione di processi esistenti. Questa linea ha avuto come effetto una situazione al tempo stesso di over regulation e frammentazione, concentrandosi su automazione, accogliendo ma non integrando le diversità culturali, utilizzando un approccio top-down e sostenendo di fatto una visione di futuro che passa principalmente da modelli e strumenti – pur sempre e per la maggior parte – estrattivi e funzionalistici, in un tentativo di omogeneizzare i linguaggi per creare una lingua franca regulans nella quale riconoscersi.

 Questo grande sforzo europeo oggi ha bisogno di una nuova dimensione più agile, orientata dal basso, snella nelle regole ma giusta nelle valutazioni, che integri nuove economie, sperimentazioni e rappresentanze al tavolo dei decisori. Questa nuova dimensione è quella dell’Economia Sociale. 

L’Economia Sociale per porre al centro dell’Europa gli europei

Una dimensione, quella dell’economia sociale, storicamente e politicamente non nuova ma da interpretare, rilanciare e agire in modo innovativo, pur se radicato nelle tradizioni sociali presenti in tutta Europa, e ben proiettato nelle politiche e negli strumenti nazionali ed europei. 

E qui, storicamente, potrebbe oggi presentarsi un’opportunità importante di fronte al collasso di valori, pratiche e comportamenti, che solo fino a poco fa sembravano acquisiti come regole di ingaggio culturali ed economiche.

L’Economia Sociale come modello per affrontare le sfide chiave dell’Europa e dell’essere europei, ovvero inclusione, sostenibilità, innovazione, democrazia.

Economia Sociale significa conoscenza diffusa delle sfide sociali, coinvolgimento dal basso, iterazione di soluzioni già funzionanti, accelerazione grazie alla tecnologia e alla finanza a impatto, politiche con balanced regulation, misurazione dell’impatto generato, e ancora, impact-driven technologies, modelli di sviluppo generativi e sostenibili, mission-driven talents.

Economia e impatti sociali, alcuni dati da considerare 

L’investimento a impatto sociale sta guadagnando importanza a livello globale, con particolare focus su: 

  • Energia pulita e tecnologia climatica: progetti di energia rinnovabile, efficienza energetica e modernizzazione delle reti.
  • Economia circolare: tecnologie di riduzione dei rifiuti, materiali sostenibili e strategie di riciclo.
  • Agricoltura sostenibile e sistemi alimentari: coltivazioni verticali, proteine alternative e tecnologie di agricoltura di precisione.
  • Housing sociale, welfare e infrastrutture comunitarie: progetti integrati di edilizia accessibile e servizi per il benessere comunitario.

L’Europa ha visto una forte crescita in questi settori, sostenuta da normative come la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) e dall’aumento della domanda di investimenti sostenibili.

Secondo i dati del Global Impact Investing Network (GIIN) e del Fondo Europeo per gli Investimenti:

  • Il mercato europeo degli investimenti a impatto ha raggiunto circa 234 miliardi di euro nel 2023;
  • Gli investimenti in energia pulita e tecnologia climatica hanno rappresentato la quota più ampia, con 120 miliardi di euro nel 2023;
  • Il finanziamento dell’economia circolare è cresciuto da 8 miliardi di euro nel 2020 a 25 miliardi nel 2023;
  • Gli investimenti in agricoltura sostenibile hanno raggiunto 15 miliardi di euro nel 2023;
  • Il settore dell’housing sociale e infrastrutture comunitarie ha attratto circa 40 miliardi di euro nel 2023.

Tuttavia, esistono ancora ostacoli significativi, come la mancanza di strumenti standardizzati per la misurazione dell’impatto e la difficoltà di attrarre investimenti nelle fasi iniziali delle imprese sociali.

Imprese sociali e startup a impatto sociale, cresce la domanda di impact investing

Il Report WEF “State of Social Enterprise” espone come il 72% delle imprese sociali in Europa sia alla ricerca di funding per il proprio sviluppo.

In questo contesto, imprese e startup a impatto sociale stanno sviluppando modelli ibridi che combinano innovazione tecnologica e impatto sociale. Alcune strategie chiave includono:

  1. Soluzioni centrate sulla comunità: sviluppo di sistemi di energia rinnovabile di proprietà comunitaria;
  2. Modelli di business inclusivi: schemi di finanziamento innovativi, come il pay-as-you-go per l’energia solare;
  3. Collaborazione tra settore pubblico e privato: partenariati con enti locali e istituzioni accademiche;
  4. Programmi di formazione e sviluppo delle competenze: creazione di opportunità lavorative nei settori delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica.

L’investimento a impatto sociale è oramai uno strumento cruciale per finanziare l’innovazione sociale in Europa e nel mondo, soprattutto in questo periodo di “democrattura” e di generale incertezza su come evolveranno le leadership a fronte di un progressivo allontanamento e/o rallentamento dell’agenda politica globale dagli obiettivi SDG.

Puntare sulla leadership europea degli investimenti a impatto

L’Europa ha già una posizione di leadership nell’investimento a impatto sociale grazie a normative avanzate, una forte rete di istituzioni finanziarie e un impegno crescente verso la sostenibilità. Tuttavia, per eccellere sul piano mondiale e diventare un riferimento globale, potrebbe sviluppare strategie su più livelli. Una tale visione dovrebbe portare l’Unione europea a: 

  • semplificare e standardizzare i finanziamenti per le imprese a impatto sociale;
  • creare un framework europeo per misurare l’impatto degli investimenti;
  • posizionare l’Europa come hub per startup ad alto impatto e impostare l’impact investing come strumento per l’attrattività di giovani talenti e per l’occupazione giovanile;
  • creare una nuova generazione di investitori e imprenditori sociali supportando una just transformation anche per minimizzare gli effetti negativi dell’automazione su lavoratori ad alto rischio;
  • integrare le tecnologie emergenti attraverso il coinvolgimento delle comunità;
  • espandere l’influenza europea nei mercati a più alto potenziale di crescita.

L’innovazione sociale, da questa prospettiva, non è solo un concetto legato alla sostenibilità integrale e alla capacitazione delle persone e delle comunità ambientale, ma un modello di sviluppo che integra crescita economica, inclusione sociale e valorizzazione del “brain capital” – ovvero, il miglioramento delle competenze, dell’intelligenza collettiva e della capacità di agentività e collaborazione, in particolare delle generazioni più giovani, in cerca di senso e coerenza.

Tutto questo richiede una visione trasformativa e non solo di transizione: i cambiamenti culturali, economici, ambientali e comportamentali in atto ci stanno già trasformando come individui e comunità, ma non abbiamo una voce sola abbastanza forte per accompagnare la transizione alla trasformazione.

Serve fare gli Europei attraverso una visione che sia autenticamente credibile perché proxima, vicina, misurabile, esplicita nelle proprie intenzioni: l’Economia Sociale è il logos dai molti contenuti diversificati e innovativi. L’interpretazione e l’autorialità di questo logos spetta a tutti noi, innovatori sociali, imprenditori sociali, e investitori a impatto, tutti e tutte dalla stessa parte del tavolo in Europa, per fare gli Europei.

Laura Orestano

Laura Orestano è Amministratrice Delegata di SocialFare, primo Centro per l’Innovazione Sociale in Italia e Presidente di SocialFare Seed, primo veicolo di seed impact investing in Italia. Laura ha una lunga esperienza industriale, in business strategy e innovazione sociale e ha lavorato in UK, USA, Lussemburgo e Germania. Altri titoli ed incarichi: EU Social Innovation Expert, Board Member Personae Accelerator.

Nel 2016 Laura ha ricevuto il premio del Women Economic Forum come “Trailblazer Innovative Woman of the Decade”, nel 2021 è divenuta Consigliera di Amministrazione di ActionAid Italia e nel 2022 è stata selezionata dal Sole24Ore tra i 15 manager italiani esempio di leadership inclusiva.

Laura persegue in modo dedicato l’esplorazione del valore sociale come asset intangibile, generatore di innovazione sociale nella quale investire attraverso diversi strumenti finanziari e per la quale generare convergenze e sperimentazioni di modelli e politiche.

𝐒𝐈𝐀 𝟐𝟎𝟑𝟎 è il 𝐛𝐥𝐨𝐠 di Social Impact Agenda per l’Italia sulla 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐈𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐒𝐃𝐆𝐬.

Pensieri, analisi e proposte per una nuova finanza a beneficio delle persone, delle comunità e del pianeta.

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