Intervista a Emanuela Corallo – Innovative Finance Advisor, Save the Children. Di Chiara Buongiovanni.

Nel mondo della finanza – anche di quella a impatto – le ONG sono considerate principalmente come beneficiarie: quel famoso e un po’ oscuro lato della domanda spesso rappresentato come ancora immaturo. Raramente le ONG sono considerate come co-protagoniste di un ecosistema in costruzione. Ma questo paradigma sta cambiando.

A guidare questa trasformazione ci sono soggetti e organizzazioni che, come Save the Children, scelgono di portare la propria esperienza sui territori, la propria intelligenza sui fenomeni sociali e la propria capacità di generare impatto direttamente al centro del dibattito finanziario. Lo fanno sperimentando strumenti concreti, proponendo modelli e costruendo nuove alleanze.

Ne abbiamo parlato con Emanuela Corallo che, in veste di Innovative Finance Advisor a Save the Children, lavora su impact investing e CSR adottando il punto di vista di una grande ONG internazionale. Una conversazione che parte dal contesto complesso in cui oggi si muove il terzo settore, per arrivare a uno sguardo propositivo sul ruolo delle ONG nella costruzione di ecosistemi a impatto, passando dalle opportunità che si aprono per il nostro network con il recente ingresso di Save the Children in Social Impact Agenda per l’Italia, partner italiano della rete globale GSG Impact.

Una “tempesta perfetta” che cambia le regole?

“Per il nostro settore è un momento storico senza precedenti», chiarisce subito Emanuela Corallo. “Assistiamo a crisi complesse e interconnesse – cambiamento climatico, migrazioni, conflitti, emergenza energetica – mentre gli strumenti pubblici per rispondere a queste sfide si indeboliscono drasticamente”. Su tutti, un dato di attualità concreto e drammatico nelle conseguenze: il recente taglio di 60 miliardi di dollari da parte degli Stati Uniti alla cooperazione internazionale ha avuto un impatto diretto e profondo su progetti attivi in vari Paesi, interrompendo forniture nutrizionali e assistenza a comunità vulnerabili. Ma a preoccupare maggiormente è il possibile effetto domino nello scacchiere geo-politico: “Non è solo un problema finanziario. È anche un tema di fiducia. Se i governi smettono di investire, si rischia di compromettere anche la legittimità e la sostenibilità dell’intero ecosistema”.

    Accesso ai capitali come forma di attivismo

    Da qui nasce l’esigenza di ripensare radicalmente modelli e strategie operative. In questo scenario, la finanza a impatto diventa una leva imprescindibile. Non solo per ragioni di efficienza, ma per un motivo più profondo: “Accedere ai capitali, per le comunità più vulnerabili, è in fondo una forma di attivismo”, spiega Corallo. “Significa mettere le comunità nella posizione di creare sostenibilità reale, non solo temporanea”. La visione è chiara a abbastanza radicale: la finanza come strumento di trasformazione sociale, non come semplice vettore di risorse. 

    Fiducia e linguaggi da ricostruire

    Il tema della fiducia è centrale. Il rapporto tra ONG e finanza – privata e pubblica – è ancora fragile. Da un lato, il terzo settore fatica ad accogliere logiche e strumenti nuovi; dall’altro, il mondo finanziario continua a vedere le ONG come realtà sì capaci sul campo, ma ancora “non pronte” per gestire modelli più articolati. Spesso ci sentiamo dire: “Non immaginavo che voi faceste anche questo”, racconta Corallo. “Ma è proprio questo il punto: dobbiamo superare le barriere culturali reciproche e lavorare in ottica di ecosistema“.

    Blended finance, non solo una questione di quantità di capitale

    Nel costruire nuovi modelli, la finanza pubblica può e deve giocare un ruolo abilitante, soprattutto nel “de-risking” degli investimenti privati, ovvero nel ridurre il rischio percepito e attrarre capitali verso obiettivi di impatto. I modelli di blended finance, che combinano risorse pubbliche e private, rappresentano una frontiera cruciale. Ma anche qui serve un cambio di paradigma: “Non basta mettere insieme i soldi. Serve un disegno comune e un riconoscimento reciproco del valore che ogni attore porta”.

    ISA: uno strumento concreto a sostegno di giovani in stato di vulnerabilità 

    Nella pratica come si sta lavorando nell’ottica di sperimentare strumenti di finanza a impatto sui territori italiani? Emanuela Corallo condivide il lavoro di Save the Children che sta per lanciare un Income Share Agreement (ISA), uno strumento innovativo pensato per sostenere giovani vulnerabili, con un focus particolare su NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero giovani che non sono né
    in formazione né in cerca di occupazione, e giovani con background migratorio.

    Come funziona l’ISA? Corallo spiega che si tratta di un fondo rotativo, alimentato da donazioni, che sostiene i costi di formazione di giovani in condizioni di vulnerabilità. Il rimborso avviene solo se e solo quando la persona formata trova lavoro e supera una soglia minima di reddito. “È un cambiamento importante anche per noi” sottolinea. “Tradizionalmente lavoriamo a fondo perduto. Qui invece c’è una logica di responsabilizzazione, seppur con forti tutele”.

    Un nuovo ruolo per le ONG: attivatori, non solo beneficiari

    Save the Children, anche grazie al lavoro del proprio veicolo internazionale “Save the Children Global Ventures” (1), sta ampliando il proprio raggio d’azione in questo ambito. Con progetti come il Generation Empowerment Fund per la solarizzazione delle scuole e strutture sanitarie in Africa, l’organizzazione si sta ponendo anche come soggetto attivatore e orchestratore di soluzioni finanziarie innovative.

    Il Generation Empowerment Fund è infatti un fondo commerciale a impatto sociale focalizzato su Africa subsahariana che investirà in imprese che si impegnano a migliorare la vita dei bambini vulnerabili e delle loro famiglie, sostenendole nel generare risultati positivi e misurabili. Focalizzato su educazione, salute e clima e con una dimensione di 50 milioni di euro, il fondo – spiega meglio Corallo – adotta un solido approccio di child lens investing, ovvero una strategia di investimento che incorpora la considerazione degli impatti e dei benefici per i bambini e i giovani nella valutazione, selezione e gestione degli investimenti. “Non siamo – né vogliamo diventare – strutturatori finanziari (2)”, precisa. “Ma possiamo essere soggetti che propongono modelli, che uniscono attori e visioni proprio sulla base della nostra presenza ed esperienza sui territori“.

    Save the Children entra in Social Impact Agenda: costruiamo insieme l’ecosistema, passo dopo passo

    Proprio per consolidare questo ruolo, Save the Children ha recentemente scelto di entrare in Social Impact Agenda per l’Italia, il network italiano della finanza a impatto. “Per noi lavorare in silos non è più sostenibile. Servono alleanze, contaminazioni, pensiero comune. Entrare in SIA significa poter dare e ricevere: portare la nostra esperienza sul campo, ma anche apprendere da chi costruisce strumenti e policy”.

    Abbiamo una rotta condivisa: iniziare a mettere a terra, anche su piccola scala.
    Superare le logiche assistenzialistiche e puntare su partnership genuinamente multi- stakeholder. “La finanza a impatto può fare molto, a partire dalla sperimentazione di modelli outcome-based come i SIB (3), ma solo se riconosce il valore delle ONG come attori competenti e connessi ai bisogni reali”.
    Dunque, l’impatto si costruisce insieme e le ONG possono – o forse è arrivato il momento di dire che devono – essere protagoniste attive, nei fatti mettendo a tacere ogni retorica e pregiudizio.

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    1 Save the Children Global Ventures (SCGV) è una Fondazione legalmente indipendente creata con l’obiettivo di gestire una serie di fondi di investimento ad impatto sociale in grado di raccogliere capitali, investirli in social ventures coerenti con la missione dell’organizzazione e generare al contempo rendimenti finanziari. Attraverso SCGV, l’Organizzazione intende indirizzare ulteriori risorse e capitali a supporto dell’infanzia, promuovere, anche indirettamente, approcci innovativi ed imprenditoriali per generare impatto per i bambini e contribuire allo sviluppo dell’innovazione e all’utilizzo delle nuove tecnologie da parte di Save the Children.

    2 Con “strutturatori finanziari” si intendono soggetti che progettano strumenti complessi, come fondi o contatti outcome-based, curandone la sostenibilità economica e le metriche di impatto.

    3 I Social Impact Bond (SIB) – ricordiamo – sono strumenti di finanza a impatto che prevedono un investimento iniziale privato per finanziare un intervento sociale i cui obiettivi sono concordati e definiti con il soggetto pubblico. Se l’intervento, portato avanti da un soggetto implementatore che spesso è un soggetto di terzo settore, raggiunge gli obiettivi concordati, l’ente pubblico ripaga l’investimento, premiando l’impatto ottenuto. Il modello del SIB punta a rendere più efficiente l’uso delle risorse pubbliche e più incisiva la risposta ai bisogni sociali.

    Emanuela Corallo

    Emanuela Corallo è Innovative Finance Advisor presso Save the Children Italia. Da oltre 15 anni si occupa di sviluppo di partnership strategiche, modelli di finanza innovativa e business development, con una solida esperienza nella mobilitazione di capitali privati a sostegno di programmi sul campo. Nel corso della sua carriera ha guidato team multidisciplinari e costruito alleanze ad alto impatto con aziende, fondazioni e grandi donatori, contribuendo a promuovere il passaggio da modelli di grant-making tradizionali a soluzioni di finanziamento ad alto valore aggiunto. Nel suo ruolo attuale, affianca donatori, filantropi e aziende nell’adozione di strumenti finanziari innovativi che massimizzino il ritorno sociale, oltre a quello economico, con l’obiettivo di rafforzare la sostenibilità e l’impatto delle iniziative a favore delle comunità più vulnerabili.

    𝐒𝐈𝐀 𝟐𝟎𝟑𝟎 è il 𝐛𝐥𝐨𝐠 di Social Impact Agenda per l’Italia sulla 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐈𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐒𝐃𝐆𝐬.

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