di Giuseppe Pignataro, Professore associato Politica economica, Università di Bologna
L’Agenda 2030 è un programma d’azione globale che mira a promuovere uno sviluppo sostenibile, equo e inclusivo attraverso 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. All’interno di questo quadro, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), attraverso i suoi interventi, aveva l’obiettivo di contribuire direttamente al raggiungimento di molti di questi obiettivi, cercando di costruire un futuro più sostenibile e resiliente per L’Italia.
In particolare, la necessità di affrontare le enormi disuguaglianze territoriali in Italia emerse post-pandemia attraverso investimenti strategici e riforme strutturali, si allineava con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Due anni dopo, proviamo in questo spazio ad elaborare un primo timido bilancio dei risultati ottenuti, delle risorse effettivamente spese e delle problematiche emerse.
Disuguaglianze territoriali in Italia dopo due anni di PNRR
Alla base di ogni grande piano di finanziamento storico dal ‘900 in poi risiede la speranza di un ordine più giusto e armonioso. Dopo due anni, l’Italia ha ricevuto circa 101,9 miliardi di euro, pari al 52% dei fondi totali del PNRR secondo le indicazioni della European Commission. Possiamo chiederci se e con quali modalità e in quali settori il PNRR abbia contributo a migliorare la condizione di disparità.
I fondi PNRR hanno sostenuto progetti nelle sei missioni principali: digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture per la mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, e salute. Sono stati spesi 5,3 miliardi di euro per migliorare la connettività, inclusi progetti per implementare il 5G e la fibra ottica. Secondo i dati del MEF 2023, un totale di 9.000 scuole e 12.000 strutture del Servizio Sanitario Nazionale sono ora connesse con reti ad alta capacità. Probabilmente, la fonte più significativa di spesa può essere attribuita alla transizione ecologica con investimenti ingenti: 16,9 miliardi di euro spesi in efficienza energetica per edifici residenziali e pubblici e 24,7 miliardi di euro in energie rinnovabili e gestione dei rifiuti. Alcuni progetti chiave includono l’installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici e l’aumento delle capacità di riciclaggio.
Nel complesso, sono stati investiti 31,4 miliardi di euro per aggiornare le reti ferroviarie regionali e ridurre i tempi di viaggio. Progetti come il collegamento Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria hanno leggermente migliorato la precaria mobilità in alcune parti del Sud Italia (sebbene molte altre aree siano tuttora escluse). Il PNRR ha destinato 31,9 miliardi di euro all’istruzione, con risultati notevoli come la creazione di 228.000 nuovi posti negli asili nido e la trasformazione di 100.000 aule in ambienti di apprendimento connessi. Sono stati finanziati anche 6.000 nuovi dottorati di ricerca per promuovere l’innovazione. Sono stati spesi 18,5 miliardi di euro per migliorare l’accesso ai servizi sanitari, con la creazione di 1.288 case della comunità e 381 ospedali di comunità. L’uso della telemedicina è stato esteso per ridurre la frammentazione territoriale nell’assistenza sanitaria.
Disparità e capacità amministrativa, un tarlo persistente
Dall’altra parte una delle principali difficoltà legate al PNRR riguarda la capacità amministrativa delle regioni meridionali, che rimane un tarlo sistemico delle disparità italiane. Le carenze strutturali e burocratiche hanno ostacolato l’accesso e la gestione efficace dei fondi da parte di molti comuni ed enti locali del Sud. Questo ha ritardato l’implementazione dei progetti e compromesso il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Secondo il Rapporto SVIMEZ 2023, solo il 20% dei comuni del Sud ha la capacità amministrativa adeguata per gestire progetti complessi e accedere ai fondi del PNRR. La mancanza di competenze specifiche e la scarsa formazione del personale amministrativo sono fattori che contribuiscono significativamente a questi problemi. Ad esempio, i comuni di Calabria e Sicilia hanno segnalato ritardi di oltre 12 mesi nella ricezione dei fondi approvati.
Il MEF ha mostrato come entro la fine del 2022, solo il 30% dei fondi destinati alle regioni meridionali sia stato effettivamente utilizzato, confermando i ritardi citati in alcuni casi a causa di complessità burocratiche e inefficienze amministrative. Questo dato è in netto contrasto con le regioni del Nord, dove l’80% dei fondi è stato allocato e utilizzato efficacemente nello stesso periodo. La lentezza nella predisposizione dei progetti e nell’approvazione dei finanziamenti è un problema rilevante.
Il Rapporto della Corte dei Conti 2023 evidenzia che una delle cause principali dei ritardi è la mancanza di figure professionali competenti in project management e finanza pubblica. Solo il 15% delle amministrazioni locali nel Sud dispone di un responsabile di progetto con esperienza adeguata nella gestione dei fondi europei.
La questione delle capacità amministrative non è solo un problema tecnico, ma riflette una più ampia crisi di governance che affonda le radici in una storica diseguaglianza territoriale. Come affermava Aristotele, la politica è l’arte di governare gli uomini attraverso leggi giuste e istituzioni ben ordinate. In questo contesto, la mancanza di efficienza amministrativa rappresenta una falla nelle fondamenta stesse della politica locale, dove la giustizia distributiva e l’uguaglianza delle opportunità restano ideali tuttora lontani.
A questo si aggiungono dimensioni specifiche di deprivazione sociale. Nonostante gli sforzi per promuovere l’occupazione femminile, il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel Sud rimane significativamente inferiore rispetto al Nord. Il tasso di occupazione femminile nel Sud Italia si attesta intorno al 30%, mentre nel Nord è quasi il doppio, raggiungendo il 60%. Uno dei programmi chiave, il Fondo Impresa Donna, ha avuto un impatto limitato. Questo dimostra che finanziare progetti tramite forme sussidiali può in certi casi non essere sufficiente. Le barriere culturali e la mancanza di servizi di supporto come asili nido e strutture per l’infanzia sono tra le principali sfide che limitano l’efficacia delle iniziative del PNRR in questo ambito. La libertà della donna è inseparabile dalle condizioni materiali e sociali in cui vive.
Il PNRR mirava inoltre a ridurre il tasso di disoccupazione giovanile, che è tra i più alti in Europa. Secondo i dati dell’ISTAT, il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è del 22.8%. Il programma GOL (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori) è una delle iniziative principali per migliorare l’occupazione giovanile. Questo programma mira a reinserire nel mercato del lavoro giovani disoccupati attraverso corsi di formazione e tirocini. Tuttavia, i risultati iniziali indicano che solo il 40% dei partecipanti ha trovato un impiego stabile entro sei mesi dalla conclusione dei programmi formativi. Il successo ha un suo peso retroattivo – dipende dalla preparazione precedente, e senza tale preparazione le opportunità si riducono.
Senza un approccio integrato e collaborativo non si può “vincere” la sfida
Molto ci sarebbe ancora da dire ma per affrontare queste sfide, è essenziale almeno adottare un approccio integrato e collaborativo. Alcune proposte in linea con le visioni sociali di impatto potrebbero forse aiutare in questa direzione.
Programmi di formazione specifici per il personale amministrativo locale in gestione dei progetti e finanziamenti europei sono cruciali. La fortuna è ciò che accade quando la preparazione incontra l’opportunità. L’acquisizione di nuove competenze non solo migliorerebbe l’efficacia operativa, ma rafforzerebbe anche la fiducia e la motivazione del personale, rendendo l’amministrazione più proattiva e reattiva.
Le infrastrutture digitali e logistiche delle amministrazioni locali dovrebbero essere migliorate per facilitare la gestione dei fondi. La digitalizzazione dei processi amministrativi ridurrebbe significativamente i tempi di approvazione dei progetti, permettendo una gestione più fluida e meno soggetta a errori umani. Inoltre, un processo di semplificazione legato alla partecipazione ai bandi non solo accelererebbe i tempi di risposta, ma aumenterebbe anche la trasparenza e l’accessibilità dei fondi. Un processo burocratico snello potrebbe essere implementato attraverso la revisione delle normative esistenti e l’introduzione di procedure digitali che facilitino la comunicazione tra diversi enti governativi.
Infine, fornire consulenza tecnica continua da parte di esperti esterni potrebbe fare la differenza tra il successo e il fallimento dei progetti a livello territoriale. Quasi una rete di supporto che sarebbe cruciale per il successo a lungo termine dei progetti del PNRR.
Un viaggio di mille miglia inizia con un singolo passo. Superare le sfide amministrative e burocratiche è fondamentale per garantire che i fondi del PNRR vengano utilizzati in modo efficace e che le regioni meridionali possano beneficiare pienamente delle opportunità offerte dal piano. Con un approccio integrato e collaborativo, è possibile costruire un futuro volto a ridurre le disuguaglianze territoriali e promuovere uno sviluppo più equo e sostenibile, in linea con l’Agenda 2030.
Giuseppe Pignataro
Giuseppe Pignataro è Professore Associato in Politica Economica presso il Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna e membro del Comitato Scientifico SIA. Si occupa da anni principalmente di tematiche inerenti alle misurazioni della disuguaglianza e gli effetti delle politiche pubbliche, l’analisi microeconomica dei mercati e i relativi problemi informativi.
Insegna Economia della Disuguaglianza ed Economia Politica presso le Scuole di Economia e Scienze Politiche dell’Università di Bologna.
𝐒𝐈𝐀 𝟐𝟎𝟑𝟎 è il 𝐛𝐥𝐨𝐠 di Social Impact Agenda per l’Italia sulla 𝐅𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐚 𝐈𝐦𝐩𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐒𝐃𝐆𝐬.
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