Fare finanza a impatto

in Italia, ora.

Come e perché

Fare finanza a impatto in Italia, ora

In Italia esiste una piattaforma di soggetti, organizzazioni e istituzioni, ricca di esperienze e aspirazioni e pronta a mettersi a disposizione del Paese, del suo governo e dei suoi territori per avanzare insieme, attraverso le ingenti opportunità del PNRR, nelle grandi transizioni del nostro tempo – ambientale, digitale, sociale – attraverso un nuovo modo di fare finanza. La finanza a impatto o impact investing – infatti orienta intenzionalmente l’investimento all’impatto sociale e ambientale, oltre che al profitto.

“Parliamo della finanza a impatto non in astratto, ma nel contesto dell’agenda italiana di questo tempo, partendo dalle opportunità e dalle urgenze del PNRR e consapevoli che l’Unione europea ha cominciato a costruire un framework di ampio respiro, non senza difficoltà ma in un processo sano ed encomiabile”. Così la presidente Giovanna Melandri, rilanciando l’impegno di SIA – Social Impact Agenda per l’Italia, ha introdotto la discussione sulle istanze emerse dal percorso “Impact Investing: trasformare la finanza per un cambiamento reale” che, lo scorso febbraio, ha permesso di raccogliere punti di vista e individuare direzioni di lavoro concrete. Su queste SIA si sta attivando, con i soggetti del network italiano dell’impact investing, i partecipanti al Tavolo di lavoro nazionale, nato lo scorso maggio con il supporto finanziario di Banca d’Italia, e con quanti vorranno collaborare. A seguire i principali punti emersi dall’evento del 28 febbraio, bussola per il lavoro dei prossimi mesi.

 

Webinar SIA "Misurazione impatto"

Fare la differenza sull’economia reale, nel contesto attuale

Per Mario Calderini, professore ordinario di Social innovation, Polimi e membro Consiglio direttivo SIA, occorre “partire dalla relazione complicata tra S di sociale e profittabilità”, cogliendo la differenza sostanziale tra finanza “sostenibile” e finanza “a impatto” alla luce dell’intenzionalità che fa sì che il rapporto tra rischio e rendimento sia sbilanciato dal peso dell’impatto. Il tema dell’intenzionalità è sottolineato anche da Stefano Granata, Presidente Confcooperative-Federsolidarietà e vicepresidente SIA che insiste sul ruolo inedito riconosciuto alla finanza nel paradigma dell’impact investing: da riduzione del danno ad abilitazione e generazione di comunità.
La trasformazione della finanza deve accompagnare l’allocazione di risorse su obiettivi coerenti con gli SDGs, tutti d’accordo, ma questo è solo il primo tempo, quello della consapevolezza. Dobbiamo ora entrare nell’era dell’impact integrity attraverso misurazione, comunicazione e ingegneria finanziaria”, spiega Calderini.  “È innegabile – osserva – che ci siamo incagliati sullo scoglio della grande S perché non è facile da misurare”. La conseguenza è che la grammatica ESG scricchiola e la finanza a impatto rimane un modello alternativo, non “contaminante” del mercato mainstream. L’impact investing ha del resto una posizione “strategica” sullo scacchiere pubblico – privato – sociale. Rappresenta infatti un’area di mediazione tra politica pubblica e impresa privata e trova forma “ideale” nel Partenariato pubblico – privato (PPP). “Questo – chiude Calderini – richiede che la moneta dell’impatto sociale sia riallineata con il flusso di cassa”, rilevando il bisogno di una politica che dia spazio e vitalità all’economia sociale, secondo l’accezione inclusiva di esperienze di mercato dell’UE.
L’economia sociale vive infatti il suo momentum in Europa. A confermarlo Patrizia Toia, Europarlamentare, Vicepresidente Commissione ITRE e Co-chair Social Economy Intergroup.  Dal tema della due diligence, su cui si sta lavorando in chiave trasversale, alla Tassonomia sociale, pur se di faticosa genesi, fino all’Ecosistema di economia sociale e prossimità nei Transition Pathways della nuova politica industriale “la misurazione dell’impatto ha un ruolo centrale nella crescita dell’ecosistema europeo”, spiega puntando i riflettori sulla rilevanza “politica” del tema.  “La finanza a impatto – chiarisce l’on. Toia – tocca obiettivi che vanno condivisi dall’agenda pubblica e privata. I PPP sono uno strumento ottimale ma è la politica che deve esaltarne l’ambizione, ovvero prendersi la responsabilità di dire dove andare e con quale priorità”.  Parallelamente, riconosce l’urgenza di strumenti che permettano al settore pubblico di lavorare con il privato e la finanza, pur in presenza di obiettivi e intenti non sempre coincidenti, e assicura l’impegno della Commissione europea in questa direzione.
Per Ivan Faiella, Coordinatore dell’Hub Climate change e sostenibilità di Banca d’Italia, la chiave è “capire i modi della transizione in Italia”.  Nella sua analisi l’ambiente (E) ha più successo nelle definizioni di impatto perché è misurabile con modelli concettuali relativamente più semplici. “Bisogna trovare – suggerisce – una narrativa entro cui declinare le sfide poste dalla gamba S della ESG, una fra tutte l’energia”.  Senza voler semplificare, abbiamo bisogno di più “fantasia”, anche a livello legislativo. Un approccio meno assolutista nella Tassonomia ambientale come in quella sociale, secondo Faiella, aiuterebbe. “La transizione è urgente perché il cambiamento climatico sta uccidendo interi ecosistemi. Abilitata da processi complessi, la transizione richiede politiche certe e durature, ma non può risolversi con la regolazione finanziaria per sé, né può includere i soli attori finanziari”.

 

Da dove partire: le istanze dell’ecosistema “impact” nazionale

Attraverso ascolto, confronto e ricerca, nel contesto del Tavolo di lavoro “Impact investing. Trasformare la finanza per un cambiamento reale”, sono emerse le priorità dell’ecosistema nazionale rappresentato da oltre 70 professionisti e professioniste da settori differenti. A presentare sintesi delle istanze e a offrirle come punti di discussione per un percorso condiviso, Filippo Montesi, Segretario generale SIA.
Politiche e incentivi alla finanza a impatto, Modelli di business finanziabili e sostenibili, Misurazione e gestione di impatto sono le tre direttrici di innovazione individuate. “Lavorare su queste direttrici – ha spiegato Montesi – ci permetterà di rispondere alle sfide rilevate come più urgenti”. Quattro gli obiettivi prioritari: Innovare gli strumenti finanziari; Incrementare l’offerta di capitali; Strutturare e ampliare la domanda di capitali; Sviluppare la cultura e le prassi di misurazione e gestione dell’impatto.  Per il loro raggiungimento, diverse Linee di azione sono state proposte: da ibridazione di strumenti finanziari grant, debito ed equity al ricorso a incentivi fiscali; dal supporto ai market builder per capacity building a una piattaforma di scambio e incontro per investitori-investiti; da creazione di strutture amministrative nazionali per impact investing al rafforzamento delle garanzie; da co-progettazione di PPP innovativi a un framework per i primi Social Impact Bond (SIB) italiani fino alla sperimentazione di Payment by result (PbR) nel PNRR. Grande enfasi sullo sviluppo di competenze e pratiche per misurazione e gestione di impatto.
I report in versione integrale sono disponibili sul sito SIA, sezione Pubblicazioni.

 

Passi possibili verso l’economia a impatto in Italia

Nel commento a più voci degli stakeholder istituzionali, risultano evidenti alcuni punti ricorrenti su cui lavorare in chiave “ecosistemica”, pur attribuendo a ciascuno la propria parte di responsabilità e impegno per far “succedere” il cambiamento comunemente auspicato: rendere la finanza strumento generativo di impatto positivo nell’attuale contesto socio-economico.

  • Il territorio protagonista di una governance condivisa
    La dimensione territoriale nella partita della finanza a impatto è centrale. Lo sottolinea in primis Riccardo Barbieri, Coordinatore della Commissione Finanza e membro del Comitato Direttivo, ANFIR riconoscendo un problema di governance. “Dovremmo lavorare in ottica di piattaforma, considerando l’importanza del coordinamento centrale, senza ignorare però quello che il PNRR ci sta suggerendo: la capacità trasformativa della finanza atterra con difficoltà sui territori e un’eccessiva centralizzazione degli strumenti aumenta il rischio di sovrapposizione inefficace”. Sulla centralità del territorio torna Raffaele Rinaldi, Responsabile Servizio Credito e Finanza, ABI sottolineando l’importanza di una piattaforma di coordinamento del social impact investing che non mortifichi le iniziative territoriali, con esplicito riferimento al ruolo delle Regioni nella gestione delle risorse della politica di coesione. Occorre “lavorare su schemi-quadro con un certo margine di flessibilità, ad esempio all’interno del Fondo di garanzia PMI, dando alle Regioni la possibilità di adottare schemi personalizzati”. Come rappresentato da Luca Ferrais, Dirigente Ufficio V Direzione V Regolamentazione e Vigilanza del Sistema Finanziario, Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’approccio della governance condivisa è promosso dal MEF attraverso il Tavolo della Finanza Sostenibile in cui “si lavora su quei fattori che impediscono alla finanza privata di dirigersi verso investimenti ESG”.

  • Strumenti di garanzia, necessari ma non sufficienti
    Riequilibrare la finanza a impatto sui territori significa, secondo Barbieri (ANFIR), “strutturare strumentazione finanziaria”, ovvero puntare meno su sovvenzioni e più su strumenti finanziari a leva attrattiva, con maggiore responsabilità in ottica imprenditoriale. “Le risorse finanziarie pubbliche sono importanti ma c’è bisogno di attrarre investitori istituzionali e privati. Abbiamo necessità di fare finanza complementare”, sostiene. Ferrais, (MEF) suggerisce un approccio incrementale, partendo da una ricognizione attenta di ciò che c’è già, in primis gli EuSEF, mai decollati in Italia, per comprenderne efficacia e modifiche necessarie. “È evidente – rileva – che la leva regolamentare non basta, ma il settore pubblico deve lavorare su incentivi fiscali efficaci, da affiancare allo strumento finanziario”. Sulla stessa linea Rinaldi (ABI), per cui resta fondamentale capire il ruolo della banca, centrato sul merito creditizio delle iniziative. “Gli incentivi pubblici e le garanzie – spiega – possono migliorare il profilo rischio-rendimento dell’investimento, ma non possono essere l’unico elemento su cui si basa la decisione della banca di finanziare. C’è bisogno di dati statistici che diano informazione precisa. Per Rinaldi è necessario riprendere l’attività regolatoria sul Sustainable Supporting Factor, ovvero la riduzione dell’assorbimento di capitale per i finanziamenti erogati dalle banche in attività a impatto sociale. In tema di Sustainable Supporting Factor, sulla stessa linea Francesca Brunori, Direttrice Area Credito e Finanza, Confindustria. Tra le priorità di intervento politico, per Brunori, la costruzione di agende nazionali di PPP e Social Impact Bond (SIB) e la creazione di fondi e acceleratori per l’impatto. Un certo interesse emerge sulle prospettive dei fondi previdenziali mentre attenzione particolare si richiede su Fondo di garanzia PMI. In quest’ottica inserire standard di misurazione di impatto nella reportistica di sostenibilità, ben oltre la rendicontazione ESG, resta per Brunori la chiave. “Siamo coscienti che si tratta di un impegno che trasforma il nostro sistema produttivo”, conclude.
  • Verticalizzare per misurare la “S”
    Il salto di qualità della finanza verrà dalla misurazione di impatto, fondamentale per uscire dal territorio pubblico e para-pubblico”. Tutti d’accordo con l’affermazione di Luca D’Agnese, Responsabile della Direzione Policy, Valutazione e Advisory, Cassa Depositi e Prestiti. “Verticalizzare” per catturare l’impatto sociale sembra essere l’approccio corretto, a partire da settori quali la rigenerazione urbana. “Il sociale – spiega D’Agnese – non può essere considerato un singolo ambito, ma va scomposto e vanno creati dei modelli comprensibili di misurazione, capaci di tracciare relazioni tra quello che si fa e ciò che produce”. Per D’Agnese ci dovrebbe essere una convergenza di lavoro tra mondo scientifico – accademico e investitori per individuare classi di investimento e loro indicatori.

Tutti d’accordo, infine, sull’urgenza di un piano massivo di capacity building. Nelle sue conclusioni, Stefano Granata (Confcoop – Federsolidarietà) riconosce che “non è un’impresa impossibile misurare il sociale”, sposando un approccio che proceda per verticalità e sottolineando come “l’erogazione sia essa stessa strumento di capacity, per l’accrescimento di competenze di rendicontazione”.

 

di Chiara Buongiovanni, Advocacy officer SIA

     

    Evento “Impact investig | Prospettive e proposte per trasformare la finanza”

    28 febbraio, Palazzo della Cooperazione, Roma  

    Qui è possibile rivedere la diretta dell’evento

    Per info: segreteria@socialimpactagenda.it

    Maggiori informazioni sul progetto SIA – Banca d’Italia “Impact investing: Trasformare la  finanza per un cambaimento reale” e sul Tavolo di Lavoro sono disponibili nella sezione News